mercoledì 9 luglio 2014

Le olimpiadi dimenticate


Francisco Goya nel 1797 realizzò una serie di incisione ad acquaforte chiamate  “Los caprichos”, i capricci; sono le prime opere del pittore spagnolo non realizzate su commissione e rappresentano in chiave umoristica, allegorica e satirica miserie e vizi umani ma anche soggetti fantastici.
Nel foglio n°43 è disegnato un uomo, probabilmente lo stesso autore, addormentato mentre attorno a lui prendono vita inquietanti mostri, uccelli notturni e sinistri felini, parto della sua mente; il titolo di questa opera è: Il sonno della ragione genera mostri.
Goya spiegava l’opera sostenendo che “la fantasia priva della ragione genera impossibili mostri: unita alla ragione è madre delle arti e origine di meraviglie.”

Più prosaicamente io la interpreto pensando che quando la ragione si addormenta, prende il sopravvento la bestia che si nasconde in noi e rimane libera di agire.
Questo sonno della mente io lo chiamo nazismo.
Eppure ci furono molte persone che rifiutarono di arrendersi alle prepotenze ed alla sopraffazioni; lo sport fu la loro arma.
Arkadiusz Brzekicki, polacco nato in Cecenia è un uomo venuto da un altro tempo
Oggi ha 105 anni, una lucidità sorprendente ed un fisico che funziona ancora bene, tanto che alcuni anni fa gli permetteva ancora di andare a sciare.
Nella sua vita ha fatto lo scrittore, il giornalista ed è stato anche un buon tennista e schermidore, durante  la seconda guerra mondiale era un tenente della truppa di riserva, ma finì catturato appena dopo l’inizio del conflitto e venne relegato nel campo di prigionia di Woldenberg.
Arkadiusz è l’ultimo testimone delle “Olimpiadi dimenticate”…


1940
La storia sta passando uno dei periodi più terrificanti e neri che potrà mai conoscere.
Langwasser, Woldenberg, Grossborn, tre località spalmate tra Germania e Polonia, probabilmente sconosciute ai più, eppure sono tristemente note poiché durante la seconda guerra mondiale funzionarono come campi di prigionia, dove venivano rinchiusi soldati ed ufficiali catturati durante il conflitto ma anche i polacchi rastrellati nelle prime fasi dell’ “epurazione”.
Di certo non sono campi di sterminio come Auschwitz o Dachau ma pur sempre luoghi di angherie, paura ed angoscia; posti recintati da filo spinato e rete elettrica dove in molti si gettarono per mettere fine alle loro sofferenze.

Ma anche se accantonata dal rumore dei cannoni e quasi smorzata dal buio della detenzione, la luce dello sport continua a brillare, come idea di libertà e sopravvivenza.
In questi luoghi tristi i detenuti, di varie nazionalità, organizzano dei giochi olimpici simbolici, per riappropriarsi di quella dignità che quotidianamente i barbari nazisti calpestano.

Gli atleti si arrangiano come possono, in completa clandestinità: sanno che se vengono sorpresi dai tedeschi per loro finirà molto male.
Eppure molte persone, che non esito a definire eroi, si esposero per recuperare palloni e attrezzi per le gare, uno tra tutti fu Teodor Niewiadomski,scomparso negli anni 90, vera mente organizzatrice di quei giochi.
Per le gare avevano ricreato una miniatura della realtà, un misto tra sport, ardimento e furbizia: non essendo disponibile un peso regolamentare si erano inventati il lancio della pietra; avevano fatto della corsa della rana, usata solitamente come punizione, una competizione in piena regola; con la biancheria stesa nascondevano alla vista il campo da pallavolo; ai pugili veniva dato più latte in polvere per tentare di prevenire eventuali fratture. La qualità della prestazione non era fondamentale. Più decisivo era fare qualcosa per occupare la mente, sentirsi vivi e non impazzire.

Per i vincitori vi erano coppe realizzate con gavette, medaglie di cartone, gagliardetti circondati da filo spinato. Addirittura, con materiale fortunoso, furono realizzati degli annulli postali!!!

Sventolò anche il loro vessillo: uno straccio con disegnati gli anelli olimpici ad acquerello a mano libera e vennero suonati gli inni nazionali di nascosto con l’armonica a bocca.
Tutto questo i tedeschi lo verranno a sapere 30 anni dopo

1944
Questa volta i tedeschi, controllano gli atleti dalle torri, mitra puntato, ma sono più tolleranti, anche perché per loro la situazione sta cambiando.
Tra gli organizzatori vi è anche il nostro Brzekicki, non può partecipare alle competizioni poiché sciabolatore e tutti quei sport di estrazione militare, come appunto la scherma, erano vietati per paura di sommosse, come era vietato anche il salto con l’asta per paura di fughe.
Si riesce anche ad organizzare una sfilata per la cerimonia d’apertura con ben 466 atleti; a rendere onore alla bandiera olimpica, questa volta confezionata con un lenzuolo ed i ritagli delle sciarpe donate dalla croce rossa, sono solo atleti polacchi. Ma anche qualche tedesco di guardia.



Per gli annali delle olimpiadi quelle del 1940 e 1944 riportano la dicitura “non disputate”.
-“Non “non disputate” ma disputate in maniera precaria e fuori dai canoni classici, ma pur sempre tenute” è la voce che proviene dal museo dello sport di Varsavia, dove sono esposti i cimeli di quei detenuti in una sezione completamente dedicata a quelle olimpiadi nascoste.
Persone come Brzekicki e gli eredi di tutti quegli atleti da lager lottano strenuamente per ottenere un riconoscimento dal CIO che dia dignità a quegli sportivi coraggiosi ed arditi ed il posto che meritano nella storia.
La burocrazia purtroppo è inflessibile poiché parla di concetto di multinazionalità, anche se nelle competizioni del 1940 vi erano 7 nazionalità diverse tra i partecipanti, inoltre le olimpiadi si devono svolgere in tempo di pace, e quello proprio non lo era. Ma aldilà del protocollo, almeno l’etica olimpica venne difesa in quei luoghi tetri e surreali e l’unica bandiera a cinque cerchi che sventolò fu la loro.

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