lunedì 7 luglio 2014

Grande rapina alla stadio



1980 Mosca, Urss.
Per protesta contro l’invasione dell’Afghanistan da parte dei sovietici avvenuta nel gennaio dello stesso anno, giustificata con una richiesta di Kabul in difesa dei ribelli musulmani appoggiati dal Pakistan, circa 65 paesi boicottarono i giochi olimpici che si svolgevano in terra russa. Inoltre, moltissime delle nazioni partecipanti decisero di rinunciare alle bandiere ed agli inni nazionali, sostituiti dall’amena marcetta e dal vessillo del Comitato Olimpico Internazionale. L’Italia, tanto per complicarsi sempre la vita, vietò la partecipazione ai propri sportivi provenienti da gruppi militari.
La storia ricorderà come “LE OLIMPIADI DIMEZZATE”, questa edizione dei giochi.

Nell’atletica, soprattutto nel salto triplo, la defezione degli Usa e della Cina privò i giochi di moltissimi atleti di calibro internazionale come Banks, Livers o Zhenxian, detentori di record impressionanti in patria.
Ciononostante tutti e 12 i saltatori che si presentarono alle finali del pomeriggio del 25 luglio erano egualmente di caratura mondiale. I pronostici davano per favorito il brasiliano dal talento purissimo Joao Carlos de Oliveira, un sergente di fanteria ex calciatore ed ex muratore, detto “Saltatore” (Do Mulo). Già l’olimpiade precedenti aveva sfiorato la medaglia d’oro, negata solo per i postumi di una sciatica.

Suo principale rivale era il georgiano Viktor Sanayev, agronomo 35enne, detto “Canguro, ormai sul viale del tramonto e con un ginocchio in cattive condizioni, ma ancora capace di saltare oltre i 17 metri; tentava il record della 4° medaglia d’oro olimpica consecutiva e dalla sua parte aveva l’intero tifo dei settantamila spettatori dello stadio di casa Lenin, oggi Luzhniki.

Assieme a lui, come compagno di squadra, un altro agronomo, ma di dieci anni più giovane, l’estone Jaak Uudmae, non affermato a livello internazionale ma molto quotato e capace di buoni risultati.

Infine, come outsider, vi era il 23enne studente d’arte australiano Ian Campbell, semisconosciuto ma nelle gare di qualificazione risultò essere l’atleta dai migliori risultati.

Tutti e 4 gli atleti erano convinti delle proprie capacità e di aver la possibilità di portare a casa la medaglia d’oro; pertanto non stupisce il fatto che il quartetto di saltatori fu quello che si qualificò all’ultima tornata di salti finale.
In testa, leggermente a sorpresa, vi era il sovietico Uudmae che grazie a delle ottime prestazioni aveva raggiunto i 17 m e 35, risultato che comunque non migliorò con i balzi finali.
Fu il turno dell’atleta brasiliano, che dopo aver preso la rincorsa sulla pedana, spicco un balzo, volando leggero come una libellula, ed atterrando sulla sabbia oltre la linea ideale dei 18 metri! Nessuno si era mai spinto a tanto e probabilmente era un record del mondo!
L’intero stadio era ammutolito; un silenzio non di disprezzo verso un atleta di un’altra bandiera atto a non riconoscergli il giusto tributo , ma piuttosto quello reverenziale verso chi ha compiuto un’impresa eccezionale e sta per entrare di prepotenza nella storia.
Ma l’incanto viene rotto da un piccolo uomo che sventola una bandierina rossa: salto nullo!
Lo sgomento è incredibile, tutti gli atleti ed i telecronisti sportivi cercano un motivo plausibile di quella scelta, tanto più che la plastilina posta sulla linea di stacco è immacolata.
La spiegazione fu che l’atleta era incappato in una infrazione detta “sleeping leg”: cioè che la propria gamba inattiva, durante il secondo dei tre salti, aveva sfiorato il terreno. Un fallo praticamente mai contestato nella storia delle olimpiadi, alla stregua di un cavillo; basti pensare che oggi di questa infrazione non ne rimane traccia nel regolamento internazionale di atletica leggera, infatti venne abrogata per la sua artificiosità e per il semplice fatto che un eventuale contatto del piede libero non incrementerebbe in alcun modo la prestazione, semmai il contrario
Bisognava premettere però che l’intera giuria era completamente composta ,grazie a chi sa quale magheggio nella IAAF, da personale sovietico.
Stessa storia per il salto compiuto dopo pochi minuti dall’australiano, abbondantemente sopra i 17 metri e mezzo, solita bandierina rossa e solita infrazione: sleeping leg.
Campbell alla richiesta di spiegazione ricevette come risposta dal giudice, mentre faceva subito rastrellare la sabbia per dar via la salto successivo, una semplice scrollata di spalle
Sistematicamente tutte le prove seguenti del brasiliano e dell’australiano furono giudicate non valide ed annullate; ciò permise a Sanayev di strappare la seconda posizione di un paio di centimetri, tra la leggera delusione del pubblico di casa che avrebbe preferito lui sul gradino più alto del podio e non Uudmae, che era sì un sovietico, ma di etnia estone, pertanto considerato un non-russo.
Alla premiazione l’atleta brasiliano sportivamente e cavallerescamente si congratulò con i due vincitori, facendo buon viso a cattivo gioco ma dietro le quinte non riuscì a digerire lo smacco.
Durante un’intervista, alcuni anni dopo, ammise:
“Per la prima volta in vita mia mi misi a piangere”

Purtroppo per Joao, il destino si accanì con la cattiveria di cui solo lui è capace.
Un anno dopo l’atleta rimane vittima di un terrificante incidente stradale: mentre percorreva l’autostrada verso San Paolo do Brasil la sua auto impatta frontalmente a 160 orari con un’altra vettura che viaggiava contromano. Al volante vi era un ladro ubriaco che tentava di sfuggire alla polizia.
L’olimpionico, estratto vivo dalla lamiere, resta in coma per una settimana; per i novi mesi successivi viene sottoposto a ben 16 interventi chirurgici per tentare di salvargli la gamba destra orribilmente devastata da ferite e fratture multiple. Purtroppo viene deciso di amputarla 10 cm sotto il ginocchio.
Il brasiliano però non abbandona l’atletica: grazie ad una protesi partecipa alle Paraolimpiadi; fu durante a quelle del 1992 a Barcellona che riceve inaspettatamente la visita dell’estone Harry Seinberg, ex preparatore atletico della squadra sovietica di quella sfortunata edizione dei giochi di Mosca.
Seinberg era venuto a chiedere personalmente scusa a Joao per quello che era accaduto durante quella finale ed ammise che la competizione era stata manipolata; ammissione che comunque si rimangiò quando la commissione brasiliana chiese la revisione della classifica e la riassegnazione delle medaglie.
Nel 1999, nella più completa solitudine,alcolizzato e depresso, a soli 45 anni, Joao Carlos De Olivera si spegne dopo un lungo mese di agonia a causa della cirrosi epatica.
Verrà ricordato come “gran sfortunato” fra i maggiori talenti del secolo passato, sulle pedane prima, sui sentieri della vita poi.

Per Ian Campbell invece, la cui decimazione delle prove gli negò il podio e lo relegò in quinta posizione e nonostante le proteste ufficiali della federazione australiana contro il comportamento dei giudici respinte dalla IAAF, la vita gli regalò molte soddisfazioni.
Ritiratosi poco tempo dopo dall’attività agonistica si dedicò completamente agli affari nel settore sportivo, con ottimi risultati, tra cui un tour delle superstar Michael Jordan e Tiger Woods in Giappone.
Ai giochi di Sydney del 2000 incontrò l’ex avversario Sanayev, emigrato nella terra dei canguri dopo la dissoluzione della repubblica sovietica; alla richiesta di un commento di quella famosa finale la sua risposta fu un laconico:
“Fu un pomeriggio molto strano”. Seguito da una strizzatina dell’occhio.

Nessun commento:

Posta un commento