lunedì 28 luglio 2014

L'angelo col casco



Per chi ama il rutilante pianeta della Formula 1,  dove importa il raziocinio, freddezza, calcolo, avventatezza, poco gli interessa della fisionomia che si cela all'interno del casco. Volti normali, di persone che potrebbero confondersi con tante altre, ma capita che dietro la visiera si nasconda il volto di un angelo, un angelo sfortunato.

Maria De Villota nasce a Madrid nel 1980; figlia d’arte, seconda di tre figli, suo padre è il grande Emilio De Villota, corridore della Mc Laren sulla fine degli anni 70 e fondatore di una scuola per piloti in Spagna (tra i suoi allievi Fernando Alonso).
Ha sempre respirato aria di motori e velocità, per forza di cose, ma la passione lei l’aveva nel sangue, a dispetto della madre che desiderava che i figli si affezionassero ad altri sport.
Maria aiuta il padre nella scuola, imparando molto così sulle tecniche di curva e delle manovre dei pedali ed accompagnandolo in giro per il mondo.
A Cuba, la ragazza ha ormai 16 anni, ed è con il padre invitato per una competizione urbana tra ex piloti di Formula 1; si corre anche una gara per giovani promesse e Maria scalpita per parteciparvi.
Ma non ha ne la tuta ne il casco perciò se li farà prestare dal padre, certo la tuta è troppo grande per il suo metro e 63 (contro l’1 e 80 del genitore) e deve mettere una maglietta all’interno del casco per aver gli occhi a livello della visiera, eppure in queste condizioni e nonostante finisca la competizione fuori pista, registra il miglior tempo.
I contorni della stella cominciano a prendere forma.
Entra nella scuderia Teyco, dove corre anche il fratello, in Formula Toyota, arrivando a diventare, nel 2000, vice campionessa di Spagna.
Passa così alla Formula 3, purtroppo un po’ invisibile per i primi 2 anni, ma lei non demorde e si impegna al massimo per migliorare e guadagnarsi il rispetto nei box: nel 2004 arriva il podio, prima donna in Spagna a raggiungere tale successo.
Continua a correre, cambiando scuderie, fino a quel giorno del 2011. La de Villota è a Valencia per il Gran Premio e staziona davanti al camion di Bernie Ecclestone fino a che non riesce a parlargli:
-“Voglio correre per la Formula 1, sono pronta”.
Ecclestone ci pensa qualche minuto:
“Tieniti pronta”
Maria comincia così la preparazione fisica, cura l’alimentazione, riempie la casa di appunti e disegni in vista della prova ufficiale fissata per 3 agosto 2011.
Davanti al padre, che ha voluto vicino per quel giorno, corre la sua gara: da lì a breve firmerà il suo contratto come collaudatrice di Formula 1 del team Marussia..
In molti vedono in quella mossa una mera trovata pubblicitaria, in effetti la de Villota è veramente una donna molto bella.
Maria non voleva essere una semplice donna nella F1, in passato ve ne erano stato altre. Voleva essere semplicemente un pilota in più che voleva lavorare ed apprendere e guadagnarsi il suo posto ufficiale.

Passano i mesi, quasi 12 da quella corsa  di prova, ed arriva una chiamata che le comunica che dovrà testare un’auto in vista del Gran Premio di Silverstone, all’eliporto inglese di Duxdorf.
Il giorno del test si infila il casco ed è attanagliata da un dubbio:
-“Twittare o non twittare?” D’altronde Maria è figlia del suo tempo, ma decide di non farlo, la sua prima volta in F1 deve essere intima.
Sale sulla monoposto ed incomincia a fare i giri di prova. La pista è molto bagnata, ma sembra andare tutto bene, anzi fa alcuni giri seguendo il percorso in senso contrario.
Non è veloce e si avvicina al punto in cui deve fermarsi quando improvvisamente l’auto accelera da sola. Maria prova a mettere il motore in folle ma 4 secondi dopo lo schianto contro il portellone di un camion lasciato incautamente aperto a bordo pista. Ci metteranno un'ora per estrarla dall'abitacolo.

Ed il coma…4 giorni di coma farmacologico, lunghissime ore di operazioni e di disperazione, il mondo dei motori sconvolto, anche che riteneva l’entrata della giovane spagnola in F1 come una trovata pubblicitaria.
Ma le tempra è forte…si risveglia dal quel sonno profondo e comincia una lunga risalita verso la vita.
«La prima volta che sono riuscita a vedermi allo specchio dopo l’incidente con il volto completamente scoperto avevo 140 punti e sembrava che fossero stati cuciti con una fune da barca. Inoltre avevo perso il mio occhio destro: ero terrorizzata.
Tornerò a correre? Mi vorrà ancora bene il mio Rodrigo? Ci siamo appena conosciuti sicuramente mi abbandonerà. Che donna posso essere così pelata, senza un occhio, distrutta? Non voglio vedere nessuno. Mi lasceranno uscire? Con questa faccia spaventerò tutti. Ho sonno. Sono stanca. Non ce la faccio.”
Oltre all'occhio Maria perde il senso l'olfatto e del gusto.
C’è paura, frustrazione per un sogno andato in frantumi, desolazione forse addirittura vergogna.
17 giorni dopo quel terribile incidente Maria torna in Spagna.
In lei c’è vita, c’è la forza che le permette di fare tanti piccoli passi, tante piccole riuscite e tutte quelle piccole rinascite per far di lei una persona nuova.

A cominciare dai capelli, adesso portati corti e di un biondo-bianco, da quelle bende colorate per l’occhio così da poter giocare ad una sorta di pirata hippie, dal volto ancora bellissimo ricostruito con le fibre della bamba, dal sorriso, rimasto si un po’ sbilenco ma solare e fiero, tinto di rosso fuoco, la riscoperta del proprio corpo, allenatissimo, con le prime passeggiate in riva al mare con il suo Rodrigo sempre a fianco ed il suo cane con cui ancora correre.

E l’impegno; l’impegno con la sicurezza stradale e nelle piste, tanto che gira a mostrare il casco distrutto di quell’incidente; impegno come ambasciatrice per la Woman in Motorsport, impegno come angelo dei malati, soprattutto dei bambini, con cui ha una certa empatia.

Sostiene ancora operazioni chirurgiche ma Maria ha la forza di andare avanti ancora; scriverà la sua biografia e sull’incidente: “La vita è un regalo” e comincia un tour promozionale dove si racconta, la stella continua  di nuovo a brillare.
Purtroppo la vita gli regala solo 15 mesi dopo  Duxdorf; viene ritrovata morta, nel letto di una camera d’albergo a Siviglia dove era per pubblicizzare il proprio libro, a causa dei danni neurologici dovuti a quel famoso incidente.

È difficile pensare alla sua figura unicamente in cronometraggi di pista. Non avrà forse corrisposto ai criteri necessari per vincere nei circuiti e non avrà avuto il talento della velocità. Ma con la sua fortezza e il suo coraggio María de Villota ha dimostrato di avere lo spirito di un vero pilota.
E la sua stella continua a correre le piste, sui caschi di ex colleghi come Alonso e Massa che hanno aggiunto cinque punte stilizzate alle loro teste.

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