Ogni anno migliaia di pellegrini percorrono gli 800 km del
“Cammino di Santiago” a piedi. Anticamente si diceva partisse da Venezia,
dalla chiesa di San Giacomo dell’orio, dove era molto sentito il culto verso
questo santo.
Arrivati ai piedi della basilica di Compostela si compie
l’ultima fatica salendo la scalinata del seicento.
Quel giorno del 2004 tra i pellegrini ve ne è uno
particolare: Ronaldihno.
In realtà non è lì come fedele ma come protagonista di uno
spot pubblicitario, a seguirlo infatti non sono alcune decine di fans ma anche
una cinepresa.
L’asso brasiliano sta percorrendo la gradinata palleggiando una sfera di cuoio tra colpi funambolici di testa, di spalle e di piede, raggiunta la cima, per condire il suo
capolavoro con un’altra perla artistica, si libra in volo per colpire la palla
in mezza rovesciata.
Purtroppo il campione, a qui tempi del Barcellona, perde il controllo della sfera che schizza veloce verso
una vetrata della basilica posta al di sopra del portone principale, che se me
stava li tranquilla da più di mille anni, colpendola e mandandola in frantumi.
L’idolo blaugrana rimane attonito come tutto il pubblico
presente; fortunatamente il “vandalo” verrà rassicurato poco dopo
dall’assessore della cultura, che minimizza l’accaduto: “Cose del genere
succedono spesso con i festeggiamenti con i fuochi d’artificio, a pagare ci
penserà l’assicurazione.
Un paio di lustri prima
anche io mi trovavo davanti ad una scalinata, solo che, a differenza di
Ronaldinho, la mia era quella della chiesa di San Geremia. Oltretutto non ci
provavo neanche a percorrerla facendo il funambolo con il pallone, anche perché
sarei sicuramente rotolato giù in un turbinio di bestemmie e fratture
scomposte.
Il campo antistante a questa gradinata è bello vasto e non
eccessivamente frequentato, ideale per giocare a calcio, o meglio, a
pallastrada.
Interessante era conformazione del “campo da gioco”: a L; una porta era rappresentata dalla distanza
degli stipiti del portone d’entrata della canonica, mentre la seconda era la
lunghezza delle inferriate che proteggevano due finestre poste al pianterreno di Palazzo Labia.
Per chi non lo sapesse Palazzo Labia è la sede della Rai a
Venezia, al suo interno vi sono dei capolavori del Veronese (il ciclo pittorico
di Cleopatra e Marcantonio) inoltre è ammantato da una leggenda legata ai loro
vecchi proprietari, appunto i Labia.
Per i molti ragazzini che non frequentavano una scuola
calcio, questo punto rappresentava un centro raccolta di calciatori in erba,
anzi in pietra d’Istria, vista la
conformazione del selciato veneziano, e vi si giocava per ore ed ore,
incuranti delle condizioni atmosferiche e dei passanti, che talvolta
diventavano involontariamente parte integrante del gioco.
Un pomeriggio anche io mi stavo cimentando in una partita
all’ultimo sangue con i miei amici su
questo piazzale.
Durante un’azione mi crossano la palla ed io la calcio al
volo. Purtroppo il colpo viene effettuato con il baricentro bassissimo e la
palla schizza verso l’alto, molto in alto.
Disgraziatamente l’unico ostacolo che incontra il pallone
nella sua traiettoria sono le finestre degli uffici Rai che, colpite, esplodono
in frantumi mentre la sfera pallone
scompare all’interno.
Attimi di panico seguiti da un fuggi fuggi generale.
Ogni volta che passo lì davanti ancora rido immaginando quel
pallone che entra negli studi televisivi per stamparsi sul volto del
giornalista di turno.
A volte non serve centrare una porta per essere come il tuo
campione, basta anche solamente centrare una finestra
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