domenica 6 luglio 2014

Il cammino di Santiago


Ogni anno migliaia di pellegrini percorrono gli 800 km del “Cammino di Santiago” a piedi. Anticamente si diceva partisse da Venezia, dalla chiesa di San Giacomo dell’orio, dove era molto sentito il culto verso questo santo.
Arrivati ai piedi della basilica di Compostela si compie l’ultima fatica salendo la scalinata del seicento.
Quel giorno del 2004 tra i pellegrini ve ne è uno particolare: Ronaldihno.
In realtà non è lì come fedele ma come protagonista di uno spot pubblicitario, a seguirlo infatti non sono alcune decine di fans ma anche una cinepresa.
L’asso brasiliano sta  percorrendo la gradinata palleggiando una sfera di cuoio tra colpi  funambolici di testa, di spalle e di piede, raggiunta la cima, per condire il suo capolavoro con un’altra perla artistica, si libra in volo per colpire la palla in mezza rovesciata.
Purtroppo il campione, a qui tempi del Barcellona, perde il controllo della sfera che schizza veloce verso una vetrata della basilica posta al di sopra del portone principale, che se me stava li tranquilla da più di mille anni, colpendola e mandandola in frantumi.

L’idolo blaugrana rimane attonito come tutto il pubblico presente; fortunatamente il “vandalo” verrà rassicurato poco dopo dall’assessore della cultura, che minimizza l’accaduto: “Cose del genere succedono spesso con i festeggiamenti con i fuochi d’artificio, a pagare ci penserà l’assicurazione.

Un paio di lustri prima  anche io mi trovavo davanti ad una scalinata, solo che, a differenza di Ronaldinho, la mia era quella della chiesa di San Geremia. Oltretutto non ci provavo neanche a percorrerla facendo il funambolo con il pallone, anche perché sarei sicuramente rotolato giù in un turbinio di bestemmie e fratture scomposte.
Il campo antistante a questa gradinata è bello vasto e non eccessivamente frequentato, ideale per giocare a calcio, o meglio, a pallastrada.
Interessante era conformazione del “campo da gioco”: a L; una porta era rappresentata dalla distanza degli stipiti del portone d’entrata della canonica, mentre la seconda era la lunghezza delle inferriate che proteggevano due finestre poste al pianterreno di Palazzo Labia.
Per chi non lo sapesse Palazzo Labia è la sede della Rai a Venezia, al suo interno vi sono dei capolavori del Veronese (il ciclo pittorico di Cleopatra e Marcantonio) inoltre è ammantato da una leggenda legata ai loro vecchi proprietari, appunto i Labia.


Per i molti ragazzini che non frequentavano una scuola calcio, questo punto rappresentava un centro raccolta di calciatori in erba, anzi in pietra d’Istria, vista la  conformazione del selciato veneziano, e vi si giocava per ore ed ore, incuranti delle condizioni atmosferiche e dei passanti, che talvolta diventavano involontariamente parte integrante del gioco.
Un pomeriggio anche io mi stavo cimentando in una partita all’ultimo sangue  con i miei amici su questo piazzale.
Durante un’azione mi crossano la palla ed io la calcio al volo. Purtroppo il colpo viene effettuato con il baricentro bassissimo e la palla schizza verso l’alto, molto in alto.
Disgraziatamente l’unico ostacolo che incontra il pallone nella sua traiettoria sono le finestre degli uffici Rai che, colpite, esplodono in frantumi mentre  la sfera pallone scompare all’interno.
Attimi di panico seguiti da un fuggi fuggi generale.
Ogni volta che passo lì davanti ancora rido immaginando quel pallone che entra negli studi televisivi per stamparsi sul volto del giornalista di turno.


A volte non serve centrare una porta per essere come il tuo campione, basta anche solamente centrare una finestra

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