FC START: 11 contro il Reich
Recentissimi fatti di cronaca hanno fatto accostare
tristemente due termini che niente dovrebbero avere in comune: Calcio (inteso
come sport) e pistola.
Un abbinamento che non lo sentivamo da 70 anni, da quando i
nazisti comandavano con pugno di ferro quasi tutta l’Europa
Siamo nel 1942, Kiev è occupata dai nazisti.
Ognuno cerca di campare come può: come Josif Kordik, di
professione fornaio, aveva sfruttato le sue origini tedesche, aveva anche
combattuto la prima guerra mondiale per l’impero austro-ungarico, per non
essere deportato nei campi di prigionia e poter continuare a lavorare. Vende il
pane proprio ai tedeschi che lo lasciano tranquillo.
Kordik ha una fede incrollabile: la Dynamo Kiev.
Un giorno stenta a riconoscere tra gli straccioni che tirano
a campare Nicolaj Trusevich, o per lo meno quello che ne resta, il leggendario
portiere della sua squadra del cuore. Lo riconosce solo grazie ad una cicatrice
sulla guancia, causata da suo cognato in allenamento.
Kordik lo prende a lavorare con se, gli fa spazzare il
cortile, risistemare e pulire gli attrezzi, gli garantisce un minimo di vitto
ed alloggio e soprattutto protezione dalle angherie del Reich.
Insieme riescono a rintracciare altri 8 giocatori della Dynamo garantendogli un
lavoro, in più anche 3 giocatori dei rivali della Lokomotiv, anche perché un
conto è il tifo ed un altro è la guerra. Kordik si ritrova così a possedere una
sorta di album delle figurine vivente.
Nel frattempo i tedeschi non riuscivano a piegare
completamente al loro volere Kiev che continuava a resistere come poteva: gruppi
partigiani cercavano di mantenere viva la speranza ed in alcuni casi
organizzavano fughe degli abitanti attraverso territori controllati ancora dai
sovietici.
Ai nazisti non restava che la propaganda, fornire una lieve
forma di benessere.
E cosa meglio dello sport per plasmare il cuore e la mente
degli ucraini?
Fu così che le autorità tedesche riorganizzarono il
campionato di calcio cittadino: il fischio d’inizio della nuova stagione
avverrà il 7 giugno del 1942.
Le squadre iscritte sono quattro formazioni di militari nazisti con miliziani rumeni o
ungheresi loro alleati ed una formazione di collaborazionisti ucraini.
Kordik, appresa la notizia, non esita ad iscrivere la
propria squadra di giocatori-panettieri, sotto il nome di F.C. Start.
La storia racconta che in un magazzino abbandonato trovarono
delle divise con cui disputare gli incontri; poco importa che siano a maniche
lunghe e di lana spessa, sono rosse!
“Non abbiamo armi ma possiamo combattere per la vittoria
indossando questo colore, quello della nostra bandiera. I nazisti impareranno
che questo colore non si piegherà”. Queste furono le parole del capitano
Trusevic che nel frattempo riuscì a recuperare una maglia nera con bordo rosso
da usare come divisa da portiere
Nonostante i turni massacranti di lavoro, la scarsa
alimentazione e la precaria condizione fisica; il 7 giugno anche loro
incominciano il campionato.
La prima formazione avversaria fu la Ruch, la squadra
ucraina, che rimedierà un sonoro 7 -2.
Per rappresaglia allo Start verrà vietato l’accesso allo
stadio olimpico e verrà relegato in un piccolo e disagiato campo di periferia chiamato
Zenit.
Ma il divario tecnico con le altre formazioni è enorme,
pertanto le vittorie si susseguono con
risultati eclatanti: 6-2 contro gli
ungheresi, 11-0 contro i rumeni, e via
così.
Lo Start stava diventando un simbolo della resistenza di
Kiev: per la popolazione era un’ispirazione a resistere, uno sprone per tenere
alto il morale, un appiglio per non lasciarsi schiacciare dai nazisti., l’ultimo
baluardo di resistenza all’invasore..
Oltretutto godeva anche dell’appoggio dei soldati ungheresi
e rumeni, culturalmente affini agli ucraini ma alleati loro malgrado ai
tedeschi e costretti al fronte. Arrivarono a regalare clandestinamente cibo ai
giocatori, oltre a sostenerli con il loro tifo.
Le autorità tedesche non potevano far finta di niente, bisognava
ristabilire le gerarchie.
Incarcerare ed uccidere tutta la squadra avrebbe avuto solo
l’effetto di creare dei martiri. Bisognava batterli sul loro stesso campo.
Decisero così che il campionato si sarebbe risolto con una
finalissima tra la F.C. Start e la temibile Flakelf, fiore all’occhiello dello
“sport armato” hitleriano: una squadra formata da soli giocatori ed ex
giocatori ufficiali della Luftwaffe, considerata invincibile.
Fu così che il 6 agosto
1942, in una sorta di partita di prova, le due formazioni scendono in campo. Lo
Start infligge un perentorio 5 a 1 ai tedeschi.
Un’onta insopportabile,
tanto che il giorno seguente cominciarono ad apparire sui muri della città
delle locandine che annunciano una partita di ritorno, programmata per il 9
agosto.
Per l’occasione vengono richiamati i migliori giocatori impiegati sul fronte ucraino: sarà l’ultima occasione per spezzare i campioni di Kiev.
Per l’occasione vengono richiamati i migliori giocatori impiegati sul fronte ucraino: sarà l’ultima occasione per spezzare i campioni di Kiev.
Il giorno della partita
fece il suo ingresso nello spogliatoio della Start l’arbitro, ovviamente
tedesco, dicendo che dovranno avere rispetto degli avversari e soprattutto che
dovranno salutare alla maniera tedesca con l” Heil Hitler”. Dopo il sieg-heil dei nazisti però gli
ucraini urlarono “Fitzcult Hura”, un motto che inneggia il miglioramento fisico
e interiore attraverso lo sport. Inoltre Hura era l’urlo con cui l’armata rossa
si gettava all’assalto, e molti soldati tedeschi lo avevano già sentito bene in
battaglia.
La partita si rivela molto
dura per gli ucraini, ancora provati dall’incontro precedente, di quello che
pensavano. Trusevic rimedia un violento calcio sulla testa che lascia stordito
per alcuni minuti, nei quali deve rimanere in campo anche se semincosciente.
Ovviamente alla prima conclusione a rete i tedeschi passano i vantaggio.
Con l’arbitraggio a favore
ed un gioco avversario al limite della lotta libera, i sovietici non riescono
ad arrivare in area avversaria. Ci pensa il centrocampista Kuz’menko con un
tiro da 30 metri a riportare gli equilibri seguito dall’attaccante ucraino
Honcharenko che firma altre due reti.
Le squadre finiscono il
primo tempo 3 a 1 per la Start.
Nell’intervallo un
comandante delle SS si presenta nello spogliatoio e dopo essersi complimentato con i giocatori si augurò che il secondo tempo avesse un altro
esito, altrimenti vi sarebbero state delle conseguenze.
Fatto sta che al rientro i
ragazzi del panificio subiscono rapidamente due reti dai nazisti. A quel punto
gli occhi dei giocatori incrociano quelli dei loro tifosi, assiepati nelle
tribune, un’intera città calpestata ed umiliata sembra chiedere di essere
vendicata., e decidono di fare la cosa giusta. Dimenticarono le parole
dell’ufficiale ed iniziarono a giocare come loro sapevano fare, tornarono in
vantaggio e poi segnarono ancora. Come sfregio il giovane giocatore ucraino Klimenko
scartò tutta la squadra avversaria, portiere comprese e, arrivato sulla linea
di porta, invece di firmare il 6 a 3, calcio la palla verso il centrocampo.
Alcune settimane più tardi
cominciarono gli arresti.
Il primo fu Korotkich,
incriminato di far parte della polizia segreta, fu torturato a morte.
Gli altri giocatori furono incriminati
di aver messo il vetro nel pane destinato agli ufficiali nazisti, torturati
dalla Gestapo e deportati nel terribile campo di concentramento di Syrec.
Qui le notizie spariscono.
O per lo meno si fanno più nebulose.
Sappiamo che Klimenko,
Kuz’menko e Trusevich morirono lo stesso giorno fucilati dai nazisti. Il
portiere leader dello Start, prima che i soldati aprissero il fuoco, li guardò
negli occhi ed urlò:” Lo sport rosso non morirà mai”.
Morì nella sua
divisa da gioco rossa e nera.
I corpi martoriati vennero
buttati giù nelle fosse di Babi Yari, già tristemente teatro del massacro di
oltre 100000 persone.
Si sa per certo che 3 giocatori sopravvissero
e racconteranno la storia di quella che verrà chiamata la “Partita della
morte”, regalando ai loro compagni la dignità della memoria
Se vi capita di visitare Kiev, e ne trovate il tempo,
prendete la metro verde, scendete alla fermata Lukyanivs’ka e dirigetevi verso
lo stadio Start, l’ex impianto sportivo Zenit.
Sulla destra dell’ingresso principale vi è un monumento,
ormai consunto, che rappresenta una squadra di calcio.
Poco più in là, una targa che recita : “A uno che se lo merita”.
Poco più in là, una targa che recita : “A uno che se lo merita”.
Per molti quell’uno è Trusevich, per altri Honcharenko, per me è ognuno di quella
squadra:
...Mykola Trusevich...Olexei
Klimenko...Mikhail Sviridovskij...Mykola Korotich...Fedor Tyutchev...Mykhail
Putistin...Ivan Kuzmenko...Nikolai Makhinya...Pavel Komarov...Makar
Goncharenko...Vladimir Balakin...Vasil Sukharev...Mikhail Melnyk.....HURA!!!
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